CADELFOGLIA -  BLELLO -  TRE FAGGI

ITINERARIO BREMBILLA - BLELLO - TRE FAGGI

SCHEDA

Partenza  dal comune di Val Brembilla, raggiungibile tramite la strada statale della Val Brembana con il bivio all’altezza del viadotto dei Ponti di Sedrina, percorrendo poi la strada provinciale N.24, che porta in val Taleggio.

L’itinerario inizia nella frazione di Cadelfoglia, che si trova un chilometro oltre il centro di Brembilla continuando la provinciale. Durante l’escursione si tocca il comune di Blello, raggiunto dalla strada proveniente da Berbenno e dalla Valle Imagna.

Si parte dai 420 m. di Cadelfoglia fino ad arrivare ai 1280 m. dei Tre Faggi. A Cadelfoglia si prende la strada che raggiunge Croce Garateno e in prossimità della scuola si prende per il sentiero che porta a Blello. A Blello si segue la segnaletica che porta alla Chiesa dell’Annunziata. Da Curnino alto invece si utilizza la segnaletica C.A.I. del sentiero 571 fino ai Tre Faggi. Per i più preparati ai Tre Faggi si può continuare per i Canti seguendo il sentiero C.A.I. 571, altrimenti scendere in Valle Imagna a Fuipiano con un sentiero o al Locatello utilizzando il sentiero C.A.I. 580. E un escursione abbastanza lunga, con poca acqua sul percorso, accorciabile partendo direttamente da Blello e necessita comunque di una discreta preparazione. Lungo l’itinerario abbondano alberi di faggio, maggio ciondolo, sorbolo e tiglio; moltissimi cespugli di ginepro, agrifoglio ed erica nonché fiori come narcisi. Ma nel mese di Agosto questo itinerario può essere definito il regno dei lamponi selvatici, che abbondano ovunque.

Tempi di Percorrenza:

Cadelfoglia-Blello  0.40 ore

Blello-Chiesa         0.25 ore

Chiesa-Roccolo di Piazzacava  1.10 ore

Roccolo-Tre Faggi   1 ora

 

L'ESCURSIONE

Cadelfoglia, contrada centro di riferimento in un tempo non troppo lontano per il commercio del legname che scendeva dalle ripide montagne di Gerosa, Blello, della valle dei Suoli, con i suoi immensi depositi dello “Stalù” e il continuo viavai di carretti carichi di fascine di legna fine, indispensabili per i forni della pianura. Ma Cadelfoglia anche patria di molte famiglie storiche di boscaioli, ma soprattutto di carbonai e di costruttori di “Calchère”, richiesti persino all’estero per la loro abilità nella trasformazione del sasso in calce. Da questo luogo, carico di storia contadina, di cui oggi rimane solo il ricordo, viste le trasformazioni industriali, ha inizio l’itinerario che porta ai Tre Faggi.

Imboccata a piedi la strada che dal centro di Cadelfoglia porta a Croce Garateno, dopo pochi metri, nella località Fienil Nuovo inizia la mulattiera per Blello. Qui si possono ammirare una antica Croce in ferro battuto, segno della presenza fino a ottanta anni fa di un vecchio cimitero per i morti della peste e un bellissimo ponte antico di struttura romanica sulla valle Poren. Percorsi alcuni tornanti che aprono la vista su Cadelfoglia dall’alto, si lambisce Garateno, contrada natale nell’Ottocento della famiglia di falegnami Carminati “Pistola”, famosa ancora oggi nella bergamasca. Si può osservare anche nel centro del vecchio borgo uno stemma in pietra della famiglia Locatelli. Lasciata la contrada ci si incammina e si sale uscendo dal comune di Brembilla per entrare in quello Blello, lungo una mulattiera in buono stato di conservazione, un tempo unica via di comunicazione per gli abitanti di questo comune per rompere l’isolamento e raggiungere il centro più vicino di Brembilla e da lì Bergamo. La prima contrada raggiunta dalla mulattiera è quella di Brevieno, nella quale si ammirano alcune costruzioni rurali ben conservate e con interventi ottimi di restauro. Spicca un arco che attraversa una abitazione e permette così il passaggio di una vecchia strada comunale. Purtroppo la necessità di rendere agevole il passaggio aveva obbligato ad ampliare eccessivamente il diametro e per l’imponente peso della casa sovrastante gli abitanti sono corsi ai ripari con un pilastro in pietra nel mezzo dell’arco. Per l’escursionista attento non sarà difficile osservare che a Brevieno già un’impronta nelle costruzioni è di chiara origine valdimagnina, nonostante la vicinanza a Brembilla: infatti i tetti non sono in coppi, ma nella classica pietra valdimagnina disposta una accanto all’altra. Osservata anche la santella raffigurante la Madonna, la mulattiera si innalza fino alla contrada principale di Blello, Ghisalerio. Il borgo antico di case fa da contorno ad uno splendido terrazzo che guarda tutta la val Brembilla e le montagne del versante di Cavaglia e Catremerio. Fino a qualche decennio fa per accedere alla contrada si oltrepassavano due portoni in legno che la difendevano da eventuali assalti. Ora rimangono alcune stalle con la tipologia originaria, lo splendido selciato in sassi del terrazzo, mentre alcuni edifici sono stati ammodernati e in uno di questi trova posto una trattoria caratteristica. Anche la seicentesca santella della famiglia Locatelli, con al suo interno un affresco raffigurante la deposizione S.Antonio e l’Arcangelo, è stata rimodernata e inserita nell’abitazione dei proprietari, rimanendo comunque ancora visibile.

Usciti dalla contrada e giunti sulla strada di collegamento con Berbenno, ci si incammina sulla mulattiera che conduce alla chiesa dell’Annunziata, distante dagli abitati una ventina di minuti e collocata in cima alla costa della montagna. Il fatto che ancor oggi si celebrano alcune messe e si portano in cima i defunti al cimitero, fa si che la mulattiera sia perfettamente conservata e attraversi  prati e boschi custoditi e ripuliti. I sassi del selciato sono ancora ben piantati nel terreno e l’acqua viene deviata con  regolarità attraverso molti cordoli. L’unica particolarità strana è il suo svolgersi senza un tornante, completamente rettilinea nonostante il pendio sia ripido. L’apertura poi di una strada agro-silvo pastorale che arriva alla chiesa non ha minimamente scalfito la tradizione del corteo a piedi durante i funerali con il trasporto a spalla. Si può facilmente presumere l’immane fatica, ma probabilmente il gesto tradizionale e il suo significato alleviano le sofferenze dei portatori.

Durante la salita si osserva sulla sinistra il roccolo di Zois, primo di una lunga serie di roccoli che accompagnerà la salita, identificando ogni volta la costa che delimita la val Brembilla e l’Imagna. L’asperità dell’ascesa è subito ripagata dalla vista della chiesa dell’Annunziata e degli immensi prati circostanti. La presenza di alcune cascine nelle vicinanze e delle contrade di Curnino basso e alto dimostra come il luogo di scelta della chiesa, forse non comprensibile ai giorni d’oggi, rientrasse in una logica di vicinanza alle contrade allora più popolose, ma anche al bisogno di erigere la chiesa in posizione strategica di domino della valle Brembilla, senza però perdere d’occhio la retrostante valle Taleggio.  Insieme alla chiesa si possono osservare alcune case, testimonianza della presenza di una vera e propria contrada arroccata su questo crinale, da cui emerge il campanile settecentesco ben visibile in tutta la val Brembilla e da Gerosa. L’epoca di costruzione della prima cappella è databile intorno al XVI secolo, e oggi i segni sono visibili nella parte centrale della chiesa, in cui spiccano le tipiche fitte inferriate. A questo nucleo nel Settecento si sono aggiunte sulla destra l’allargamento della chiesa e il campanile e sulla sinistra la canonica. Segni degli ampliamenti successivi sono le date 1708 e 1714 sul rosone laterale e alla base del Campanile. E molto piacevole sottolineare per una volta che oltre alla bellezza del nucleo originario della chiesa, oggi spicca la magnifica ristrutturazione della canonica e del tetto della chiesa. Alcune finiture del tetto, rigorosamente in pietre valdimagnine, ricreano l’atmosfera dell’originaria costruzione senza risultare eccessive o fuori luogo. All’interno nonostante alcune visite di ladri rimane una tela dell’Annunziata con S.Bartolomeo, patrono della parrocchia e oggetti e suppellettili interessanti.

Lasciata la chiesa e visitato  il surreale cimitero che si adagia in una conca contornata da prati e difesa da due grandi roccoli, si riprende il cammino lungo la strada silvo-pastorale proveniente da Blello, verso la contrada di Curnino alto. L’apertura di queste piccole strade da Blello, ma che salgono anche dalla Valle Imagna ha permesso a queste contrade e agli abitanti di rimanere attaccati alla loro terra e continuare una vita che altrimenti sarebbe stata insostenibile. Non servono dunque grandi cose o interventi faraonici, ma solo dare alle persone piccoli strumenti, che possono essere una strada larga due metri, ma necessari per svolgere il lavoro che da secoli mantiene viva la montagna; infatti salendo ci si accorge subito di come i prati, i boschi e le cascine riacquistino vita e non si cammini in luoghi consegnati all’archeologia rurale.

In prossimità della contrada di Curnino alto la strada incrocia il sentiero CAI N. 571 che proviene dal monte Ubione e attraverso le creste della Corna Marcia, di S.Pietro arriva fino a qui e prosegue verso il Monte Castello, i Tre Faggi e poi i Canti. Imboccato il sentiero si entra nella contrada, attraverso una scalinata riselciata, ancorata alla roccia. Le abitazioni e le stalle sono ben conservate e saltuariamente abitate dagli alpeggiatori. In particolar modo una abitazione vanta una arcata dell’entrata molto strana con una data “1726 GIFE” e un grande camino centrale adagiato su una pietra, detta in dialetto “Foglà” dove ancor oggi si tengono caldi i cibi cotti. Nella parte retrostante del borgo trovano posto alcuni fienili, indispensabili visti gli ampi spiazzi prativi che si allungano sulla montagna, interrotti solo dal tracciato quasi invisibile della strada pastorale e dai numerosi alberi di FRASSINELLE, carichi nel periodo di caccia di bacche al punto che i contadini hanno ritagliato nelle porte dei fienili delle fessure dove trovavano e presumiamo trovino posto ancora oggi i fucili per la caccia.

Lasciata la contrada ci si incammina lungo la strada contrassegnata dalla segnaletica CAI 571 verso la costa che sale al Roccolo di Piazzacava non senza ammirare sotto di noi il panorama delle vette della val Taleggio, val Brembilla fino al Monte Ubione e le contrade di Curnino Basso, Musita e Campo del Ronco. Lungo l’ascesa verso il Roccolo di Piazzacava si trovano alcune particolarità botaniche interessanti e inconsuete, come la grande quantità di alberi di “Ighen”, (Maggio ciondolo),  di cui è raro trovare un bosco intero: rarità che certamente il proprietario della tenuta si sarebbe volentieri risparmiato vista la scarsa qualità per l’uso da riscaldamento o da lavoro del maggio ciondolo. Altri alberi molto presenti sono i sorboli, le betulle, i ginepri, ma si trovano in primavera anche molti fiori, come i crucus e i narcisi. Per i più ghiotti invece abbondano ovunque cespugli di lamponi selvatici tanto che questi frutti nel mese di Agosto possono diventare sicuramente il simbolo di questo percorso.

Alla fine della strada silvo-pastorale, in località Gramascù, il sentiero si restringe e si inoltra nel bosco  salendo fino a costeggiare il monte Castello. Il cambio di versante ci porta ad osservare ora in basso le contrade di Gerosa e le cime della val Taleggio. Lo scenario cambia e inizia un bosco di faggi, preludio allo splendido Roccolo di Piazzacava. Si tratta di uno dei roccoli più vecchi della zona, perché l’intreccio spettacolare dei faggi pluricentenari dimostra il lavoro di secoli. Il luogo scelto non poteva essere migliore, perché passaggio obbligato per gli uccelli dalla val Taleggio all’Imagna, visto che il roccolo, collocato sul passo, è affiancato da un lato dal Monte Castello e dall’altro della costa dei Tre Faggi. La parte più antica della costruzione risale al Settecento e in questa fanno bella mostra alcune inferriate fittissime, mentre l’ampliamento porta la data 1821. Alcuni ganci per le reti di recente costruzione indicano che fino a qualche decennio fa il roccolo era in funzione, probabilmente utilizzato dai discendenti della Famiglia Berizzi di Corna Imagna, padroni di tutti i numerosi roccoli dei questa costiera. Il roccolo di Piazzacava possiede una particolarità rara, perché sul passo dove è collocato era impossibile ricavare uno spazio largo adibito a roccolo e così i costruttori hanno pensato di costruire grandi muri di contenimento a valle per poter così riempire e creare uno spazio utile per costruire l’intreccio del roccolo. Da questa particolarità forse prende il nome di Piazzacava, cioè di piazza scavata e ricavata con il lavoro dell’uomo.

Lasciato il roccolo il sentiero continua salendo la ripida costa che sale ai Tre Faggi, offrendo una suggestiva vista della cascina Piazzacava poche decine di metri in basso e di tutta la media valle Imagna fino a scorgere il paese di Fuipiano e da lì l’imponente figura del Resegone. Durante la salita il versante della costa cambia continuamente e in pochi metri dalla vista della valle Imagna ci si ritrova invece in piena val Taleggio. Il punto più suggestivo arriva nel momento in cui si raggiunge la cresta e solo alcuni arbusti difendono il sentiero da una discesa a picco sulla val Taleggio e in particolare su Gerosa e sul Santuario della Madonna della Foppa. Lo strapiombo ripaga solo in parte l’apprensione nello sporgersi con una vista e una sensazione di immensità, che è una prerogativa solo delle vette più alte delle Alpi. Lungo la costa con l’aumento repentino dell’altitudine cambia lo scenario naturale; i boschi di faggi si diradano e occupano il loro posto moltissimi cespugli di ginepro e macchie colorate di erica, i prati prendono il sopravvento e il lavoro di vecchi mandriani appare ancor oggi nei mucchi di sassi accatastati vicino alla mulattiera, frutto dell’attenta pulizia dei pascoli.

L’arrivo ai Tre Faggi non necessità di alcuna segnalazione, perché le sagome inconfondibili di questi tre giganti lasciano poco spazio all’immaginazione. Forse sarà stata la fatica a reggere i colpi del vento o la voglia di compagnia oppure un strano scherzo del destino, ma questi tre alberi sono diventati un corpo solo e non è facile capire quali rami appartengano a uno o all’altro; proprio questo forse è stato il segreto della loro pluricentenaria longevità, perché la difficoltà di taglio, ma soprattutto la poesia che sprigionano hanno fatto desistere anche il più arcigno taglialegna. Non solo i faggi rendono il luogo incantevole, anche la meravigliosa visuale dell’alta valle Imagna, di Fuipiano, dei Canti e del Resegone fanno dei tre Faggi il posto ideale per la sosta. Tutto intorno prati, cascine, pirle di fieno e i classici “Slaàcc”, abbeveratoi d’alta quota per gli animali, tutti segnali di una montagna che a fatica rivive. In prossimità dei faggi si trova anche una caratteristica santella della Madonna, con un cerchio intono di pilastrini in pietra, che contribuiscono alla solennità del luogo.

Dai Tre Faggi alcuni sentieri del CAI continuano sulla costa o scendono verso i paesi della valle: il 571 continua verso lo Zucco di Pralongone e i Canti, il 580 scende verso Locatello e un altro sentiero invece scende a Fuipiano Valle Imagna.